Il Gattopardo
Voi non immaginate
sia scritta dal Caso.
Iniziò tutto con un tragico colpo di pistola.
Sì, è vero, la popolazione di Palermo era inferocita contro il Governo
borbonico perché la Corte di Napoli aveva preso troppe decisioni ostili
alla Sicilia. Negli ultimi anni l’isola aveva perso la propria autonomia
e ora vedeva che i governatori napoletani erano favoriti, rispetto ai
siciliani, nel ricoprire le cariche più importanti, cosicché le nobili
Casate siciliane stavano perdendo progressivamente influenza
nell’am-ministrazione della loro stessa isola e vedevano minacciato il
loro secolare potere feudale.
Al malcontento dei nobili si univa quello del popolo, il quale era
stremato dalla povertà e dall’epidemia di colera che aveva causato la
morte di circa 70.000 persone. Per di più s’era radicata la convinzione
che il governo stesso avesse diffuso la pestilenza inquinando l’acqua e
l’aria. Fu così che il mattino del 12 gennaio del 1848 gli animi erano
esasperati e la popolazione era pronta alla rivolta e in attesa di un
segnale.
Caterina raccolse da terra la pesante pistola che suo marito Alfio aveva
appena caricato, ma il suo ordine perentorio di non toccarla la fece
trasalire e l’arma cadde in terra con uno sparo.
Il colpo andò dritto al cuore del marito e fu senza appello. La voce si
sparse rapidamente: “È morto Alfio Turelli!”, gridava la gente del
rione. “Hanno ammazzato Alfio Turelli!”, ripeteva la gente nelle vie e
nelle piazze.
Poi qualcuno equivocò, la colpa fu data ai Borbone e tutta Palermo prese
a gridare: “I Borbone hanno assassinato Alfio Turelli!”. In breve la
città si sollevò contro i Borbone, il popolo prese il potere e creò a
Palermo uno stato indipendente che resistette per 16 mesi. Sui libri di
storia, non volendo attribuire al caso l’inizio della vittoriosa
sollevazione popolare, si scrisse un’altra verità, quella che lo sparo
era il segnale convenuto per dare inizio alla rivolta.
È incredibile quante volte la Storia Ufficiale venga scritta a tavolino
cambiando la storia vera. Ebbene, in questo caso, non ci si può
lamentare del falso perché era falsa anche la storia data per vera.
Caterina Sinibaldi vedova Turelli, così giovane, colta e raffinata, non passò inosservata all’occhio ancora acuto del principe Don Michele Torrenova, il quale le fece giungere un grazioso cartoncino d’invito al gran ballo che aveva organizzato nel suo palazzo.
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